23 Lug SERENI A TAVOLA, IL CIBO ITALIANO È UNA GARANZIA
SERENI A TAVOLA, IL CIBO ITALIANO È UNA GARANZIA
Intervista di Andrea Lodato per “La Sicilia”, del 23/07/2018
CATANIA. Il tema del giorno? La paura a tavola. In estrema sintesi siamo al «dimmi cosa mangi e ti dirò che malattia beccherai». Da qualunque lato ci si giri, sostanzialmente, scatta un allarme al giorno legato ai nostri consumi alimentari, alle nostre abitudini a tavola, ai cibi che scegliamo, a come li mangiamo. L’ultimo campanello lo ha fatto suonare addirittura l’Onu, con una nota sulla pericolosità di alcuni cibi che non solo sono di consumo planetario, ma che hanno anche una forte incidenza su tutto il tessuto produttivo ed economico dell’Italia, che nel campo del food è da sempre tra i Paesi leader. Un primato che deriva, in molti casi, proprio dalla qualità e dalla bontà dei cibi. L’ultimo attacco dell’Oms ha colpito i prodotti a più alta qualità del made in Italy. Come il Parmigiano reggiano: per un grammo di sale giudicato di troppo, è stato equiparato al fumo e rischia di essere tassato e malamente bollato. Tradendo quei principi della dieta mediterranea, riconosciuta come la più salutare anche da quella stessa Oms.
• Che sta succedendo? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Castiglione, sino a qualche mese fa sottosegretario all’agricoltura del governo Gentiloni, già assessore regionale in Sicilia all’agricoltura.
«E’ esplosa l’ennesima rovente polemica estiva, con i titoli dei giornali che, ovviamente, allarmano sempre più i consumatori. Perché addirittura è intervenuto l’Onu? Siamo in preparazione dell’High Level Meeting delle Nazioni Unite sulle malattie non tra- smissibili (cardiovascolari, infarto, diabete, cancro) che si svolgerà il prossimo 27 settembre a New York. Si tratta, lo voglio sottolineare, di un ap- puntamento assolutamente di taglio scientifico, molto rigoroso».
• Ma proprio da quella sede, Onorevole Castiglione, sono arrivati segnali inquietanti e destabilizzanti per i consumatori di tutto il mondo. Con riferimenti precisi, tra l’altro, a prodotti dell’eccellenza italiana.
«Il problema è che dai documenti che sono stati elaborati, o sono in fase di approfondimento, sono spuntati stralci che semplificano alcune analisi e alcune considerazioni scientifiche. Così, su quei dati frammentari e da sviluppare, è iniziato l’allarme generale sul cibo, sulla qualità del cibo, sulla salubrità di ciò che mangiamo. Generando molta paura, nella maggior
parte dei casi ingiustificata».
• Siamo nell’anno dedicato al cibo italiano voluto dal governo e questa frammentazione di informazioni non fa per niente bene ad un comparto come quello dell’alimentare italiano. C’è troppa leggerezza da parte di chi dovrebbe fornire informazioni precise?
« Nella costante ricerca “della semplificazione dei segni”, mi riferisco al dilagare di emoticons, app e altri segnali, evidentemente anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole “iconizzare” le indicazioni nutrizionali. In Francia è stato già fatto, nel Regno Unito ricordiamo la vicenda dei semafori che tanto danno hanno già prodotto alle aziende italiane. Oggi l’Oms vorrebbe inserire le icone per dare una sorta di rating e stabilire l’adeguatezza della pubblicità per molti pro-dotti sensibili».
• Ma che conseguenze può avere questa iconizzazione? Il consumatore legge che addirittura si scomoda un organismo internazionale.
«E’ noto che l’Oms non esprime pareri vincolanti, non criminalizza specifici alimenti. Ma, ovviamente, è bastato scrivere, e leggere, che nell’ambito delle malattie croniche si vuole promuovere la riduzione di sodio, zuccheri, grassi saturi per avere i titoli dei giornali. Che si trasformano, nei commenti, in “attacco all’Agroalimentare italiano”, oppure “grana e olio trattati come il fumo delle sigarette” per accennare alla proposta di misure fiscali tendenti a ridurre alimenti con eccesso di sodio, zuccheri e grassi saturi. Misure che colpirebbero, appunto, questi prodotti per disincentivarne il consumo. Insomma “prodotti tipici con bollini rossi, bollini neri , semafori giallo rosso verde.. emoticons, app”: chiaro che questa non è la strada giusta per parlare seriamente di alimentazione sana».
• Quale dovrebbe essere, allora, l’approccio?
«Un dibattito così importante non si può semplificare, non si può affrontare con slogan, perché al centro c’è la salute dei consumatori, il diritto ad una corretta informazione. Per quanto riguarda, poi, il nostro Paese, serve un Piano per il Cibo e la Nutrizione che tuteli quel grande patrimonio culturale che è l’agroalimentare italiano, che è una miniera straordinaria di biodiversità, con aziende che hanno puntato tutto sulla qualità, sicurezza, tracciabilità dei cibi, diventando il primo fattore di benessere e qualità della vita. E’ un patrimonio da tutelare, una ricchezza per l’Europa tutta che ha puntato e deve sempre più puntare sulle indicazioni geografiche, sulle denominazioni di origine. Non possiamo accettare semplificazioni. Se gli italiani sono il secondo popolo più longevo al mondo forse è anche perché siamo i veri testimonial della salubrità dei nostri cibi. Secondo me l’Italia dovrebbe porre con forza la questione, evidenziando che il singolo cibo non è decisivo per una dieta o per il benessere, ma lo è certamente per la dieta e lo stile di vita. Insomma, niente semplificazioni ma fiducia nelle aziende serie che sono tante nel nostro Paese e negli organismi di controllo che sono attivati e lavorano con serietà e puntualità in tutto il territorio».
• Sotto l’aspetto legato ai controlli molto è stato fatto negli ultimi anni, con maggiori poteri, risorse e forze attribuite dal Ministero all’Icqrf, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.
«E’ così. Con oltre 53mila controlli svolti l’Icqrf si è confermato anche nel 2017 il punto di riferimento dei controlli sul food a livello italiano e internazionale. L’attività svolta si è concentrata sul terreno del contrasto a frodi, usurpazioni, fenomeni di Italian sounding e contraffazioni a danno del made in Italy di qualità e dei consumatori, nonché nel contrasto alla criminalità agroalimentare. Nel 2017 l’Icqrf ha eseguito 53.733 controlli, di cui 40.857 controlli ispettivi e 12.876 analitici. Gli operatori verificati sono stati oltre 25.000 e i prodotti controllati oltre 57.000. Le irregolarità rilevate hanno riguardato il 26,8% degli operatori, il 15,7% dei prodotti e il 7,8% dei campioni. Insomma, sotto il profilo dei controlli abbiamo oggi una struttura efficace, con grandi professionalità e un impegno costante. Ma voglio aggiungere anche che in Italia i controlli avvengono anche nella prima fase della filiera, direttamente nelle aziende agricole, con verifiche legate anche alle produzioni biologiche che rappresentano per il nostro Paese, e in particolare per la Sicilia, un altro fiore all’occhiello».
• Insomma, al di là delle faccine, possiamo dire che c’è da preoccuparsi senza esagerare per quel che finisce sulle nostre tavole?
«Direi che possiamo stare sereni a tavola, questo sì. La nostra dieta, con i nostri prodotti, vanno semmai sempre più tutelati e ancora di più e meglio promozionati. Perché “italian food” è per noi nel mondo un brand vincente».